04/05/10

ROMPI IL SILENZIO

«Apriamo gli occhi e il cuore. Non si può morire così a 15 anni»

Caro direttore,
ho deciso di scrivervi, perché penso che sia successo un fatto che ha lasciato tutti con un terribile vuoto dentro. Un ragazzo di 15 anni si è suicidato. Penso che chi l'abbia letto sul giornale ne sia rimasto impressionato. Io vado nel suo stesso liceo. Non lo conoscevo. Ma quando la mattina mi hanno comunicato la notizia, per un momento tutto si è fermato intorno a me. Ho pensato che bisognasse domandarsi cos'è successo, senza raccontare solo i fatti accaduti. Ho pensato che era un ragazzo del mio liceo, più o meno della mia età. Era un ragazzo come me. E allora mi chiedo, in che razza di società corrotta, di mondo orribile viviamo, se un ragazzo di 15 anni, che non sa ancora cosa lo aspetta nella vita e quante cose possono cambiare, decide di suicidarsi? Perché è stato possibile, che lui non abbia trovato neanche un motivo per fermarsi?
Mi chiedo cosa pensava sull’orlo della finestra. Se aveva le lacrime agli occhi, o la faccia determinata e magari inconsapevole. Se immaginava il vuoto che avrebbe lasciato, lo sconforto di Milano, o almeno di noi studenti del Leonardo. Io penso che non fosse solo un brutto voto. Penso che la realtà forse lo deludeva, forse lo disgustava. Forse è stato un atto impulsivo, per un moto dell'animo a noi sconosciuto, o forse ci aveva pensato. Quello che mi chiedo è, perché? Come siamo arrivati a questo punto? Siamo noi, è questo mondo, questa realtà, che ha permesso che ciò accadesse. Perché non dovrebbe neanche essere possibile.
E allora, voi che avete i mezzi per comunicarlo alla gente, urlatelo al mondo, che così non va! Che bisogna cambiare. Che non si può semplicemente lasciare che la realtà scorra, fregandocene. Aprite gli occhi, perché stiamo sbagliando, e ci perdiamo la vita. Aprite il cuore, perché queste cose non succedano mai più. Credo che sarebbe una cosa utile e importante, che riflettessimo un po’. Anche se a dirlo sono solo io, una piccola studentessa di quarta liceo.

(fonte: Corriere.it - 12 gennaio 2010)


tramonto a Finisterre _una dedica, per un ragazzo


ROMPI IL SILENZIO: PARLARNE FA PAURA, MA È PIU' PERICOLOSO NON PARLARNE!

10 commenti:

  1. Inviato da: Diana il Martedì, 12 Gennaio 2010

    Sono la mamma di una ragazzina di 15 anni che frequenta il liceo Einstein di Milano. Oggi mia figlia era lì e ha appreso la notizia durante l'intervallo. Le cose che mi lasciano perplessa sono due la prima l'indifferenza dell'insegnante che, finito l'intervallo, invece di invitare al dialogo ragazzi ha chiuso l'argomento dicendo "iniziamo la lezione". La seconda è la quantità di giornalisti fuori dalla scuola alla ricerca di notizie "morbose". Forse anche queste sono cose che non fanno bene ai ragazzi.

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  2. Inviato da: ex einstein il Martedì, 12 Gennaio 2010<
    @Diana: non mi sorprende che un professore dell'Einstein abbia reagito in quel modo. Con tutta probabilità si tratterà di un docente che ho avuto il (dis)piacere di conoscere anch'io quando ho frequentato quel liceo, più o meno dieci anni fa. L'età dell'adolescenza è proprio quella in cui si rifiuta la propria famiglia, e tutto ciò che le ruota intorno, per poter affermare e definire la propria identità. Un adolescente che si ritrova faccia a faccia con dei problemi, magari anche di poco conto, difficilmente si confiderà con la famiglia. La scuola e i professori dovrebbero proprio assumere quel delicato "ruolo di transito" tra la famiglia (che protegge e accudisce) e il mondo esterno (spesso crudele), ma evidentemente per certi professori è molto più semplice ripetere ogni giorno la stessa lezioncina imparata a memoria da ormai più di trent'anni, lavarsene le mani di fronte a certe questioni spinose e scendere in piazza se lo stipendio si abbassa, dimenticandosi che la scuola dovrebbe essere ad uso e consumo degli studenti e non dei professori. Saluti.

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  3. Inviato da: thunderbolt il Mercoledì, 13 Gennaio 2010

    io sono studente del verri e ho visto tutto. devo dire meno male che era intervallo senò non l'avrebbe vista nessuno...

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  4. Inviato da: thunderbolt il Mercoledì, 13 Gennaio 2010

    non penso che il motivo di questi tentati suicidi sia tanto blando. una mia amica solo pochi mesi ha avuto problemi quasi simili e posso dire che i voti e problemi sentimentali sono la minima parte. dietro ci sono altri gravissimi problemi che spesso gli adulti non considerano, che il più delle volte non ci considerano grandi abbastanza per averli. a parer mio possono essere gli ambienti dove si vive che possono far male, o che possono essere parte del male. non voglio dare addosso alla scuola, ma anch'io come lei sono stato bocciato all'einstein 3 anni fa e posso dire che, avendo cambiato scuola, sto meglio, ma non per l'andamento scolastico, ma per il rapporto con i prof, che qui sono sempre disponibili e aperti con noi alunni, ci si parla liberamente e di tutto, non si considerano intoccabili e un gradino sopra gli altri, lì invece pensavano solo ai risultati: non può essere che l'insegnante coordinatrice in consiglio di classe dica ai genitori ripetutamente che lei NON E' un educatrice ma E' un'insegnante della sua materia, che non è compito suo educare i ragazzi ma che gli deve insegnare solo la sua materia...e questa "insegnante" lavora ancora all'eistein, che si vanta di essere una delle migliori scuole a milano! ecco il supporto che dicono di dare ai ragazzi in difficoltà, con problemi scolastici ma in questo caso anche psicologici... poi ovviamente sono anche altre le cose.
    spero che questi ultimi "eventi" non si ripetano più o il meno possibile, ma io chiedo agli adulti di aiutare questi ragazzi e di non trattarli come bambini, perché non lo sono, non lo siamo e finché questo non si comprende questi problemi saranno sempre più difficili da risolvere.

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  5. Inviato da: maria il Mercoledì, 13 Gennaio 2010

    rispondo al commento di thunderbolt confermando che tutti dobbiamo interrogarci, tutti siamo responsabili. Un gesto tanto eclatante è un urlo che tutti devono sentire.
    i docenti che non si sentono educatori, ma "trasmettitori di notizie" anche al Parini non mancano. Genitori indaffarati e molto occupati: la qualità non basta se non c'è un minimo sindacale di quantità di tempo passata con i figli... Adulti che non sono di riferimento alcuno perché giocano ancora a fare i bambini: ancora devono decidere se diventare grandi, benché nati negli anni 50 non sanno il significato di parole quali responsabilità, altruismo, ... esiste un mondo al di fuori di me ecc ecc.
    Media e comunicazione che veicolano solo notizie e fatti da audience, mai o nascosti nel palinsesto trasmissioni, programmi, dibattiti che propongano e diano valore alla cultura della responsabilità individuale.

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  6. fonte: QUOTIDIANO.NET04/08/10, 14:02

    Ogni giorno in Italia un adolescente si suicida, o tenta di farlo
    (fonte: QUOTIDIANO.NET- 21/05/2010)

    Genova. Un liceale prende in giro la prof con delle foto su Facebook. Rimproverato dal preside, si butta dalla finestra ed è stato salvato per miracolo (ha la milza spappolata e varie lesioni). Napoli. Una quindicenne si butta dalla finestra della scuola, pare perchè sconvolta dal suicidio di un suo caro amico. La ragazza non è in pericolo di vita. San Donà di Piave. Un diciassettenne annuncia il suicidio su Facebook, il corpo è stato ritrovato nel Piave. Cagliari: si suicida a 14 anni lanciandosi dalla tromba delle scale della scuola. Milano. Uno studente cinese diciannovenne tenta il suicidio lanciandosi dalla finestra del liceo. Sembra un bollettino di guerra ma sono avvenimenti degli ultimi cinque giorni. Non mesi o anni: cinque giorni. Uno al giorno, dal 17 maggio ad oggi, 21 maggio. Tanti elementi comuni: l'età giovanissima, la scuola. Difficile commentare notizie come questa, che si leggono sui giornali e sulle agenzie, con protagonisti che sono . Magari che sembrano spavaldi ma sono fragilissimi. Con famiglie alle spalle che si domandano il perchè. Che un ragazzino al giorno in Italia tenti di ammazzarsi (e spesso ci riesca) non mi sembra normale. Dal Nord al Sud la stessa disperazione, insicurezza, depressione o chissà che cosa unisce molti giovanissimi. Riuscire a capire questo potrebbe aiutare, ma a quanto pare neanche la scuola e gli amici ci riescono. E' vero che l'adolescenza è un periodo difficile ma da qui a togliersi la vita... C'è qualcosa che non va da qualche parte, viene davvero il sospetto che la generazione di noi adulti non abbia saputo dare qualcosa di molto importante a questi nostri ragazzi.

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  7. Inviato da: spr@y il Martedì, 12 Gennaio 2010

    Mio nonno si suicidò, mia zia pure. Un mio amico diciottenne allora anche. Il suicidio pare ad un certo punto della vita una soluzione al male di vivere. Magari solo per un istante, ma è una soluzione.

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  8. Non potevi sapere fino a che punto un suicidio distrugge tutto. Solo chi è sopravvissuto al suicidio di un caro può capirlo. E' un dolore feroce, rabbioso, continuo, non ti lascia inpirare l'aria, non ti lascia libero mai. Tutto cambia per sempre. Tutto fa male, anche il tempo che fa. Non c'è più un bel sole. Se c'è il sole è un sole crudo, se c'è nuvolo sono nuvole cupe. Le strade abituali sono strade che ti ricordano il dolore dei primi giorni, quelle nuove sono futili e prive di senso... e il mondo innocente è finito.

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  9. SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI

    di pennavvelenata (Medie Superiori ) scritto il 27.10.09

    E secondi. E terzi. Solitudine di tutti, solitudine di ragazzi orfani in famiglie modello (”la mamma casalinga e il babbo un uomo saggio e onesto” cantava Caparezza), isolati in immense compagnie, emarginati davanti ad uno schermo che li mette in contatto con il mondo intero. Solitudine di ragazzi “a posto”, di ragazzi “modello”, di ragazzi integrati, brillanti, con amici e fidanzata. Solitudine di ragazzi alti e bassi, biondi e mori, bianchi e neri, diligenti e svogliati, primi della classe e bocciati, solitudine di ragazzi tutti diversi ma tutti uguali, tutti immersi in quella immensa illusione, in quella immensa trappola che è la società in cui viviamo, senza valori, senza rapporti umani, senza futuro. Per anni ci vivi dentro, e sei davvero convinto che la vita sia questa, che avere il contatto più elaborato su Facebook, fumare le sigarette più costose, bere i cocktail più pesanti, rialzare a poker, far tardi la sera, stare con una “bella ragazza” (comunque si dica nel dialetto di chi legge), che tutto questo sia tutto quello che c’è, che il mondo sia ai tuoi piedi solo perché lo fai. Ti senti invincibile, perché rispetti lo standard. Finché ti accorgi che non hai niente, perché gli amici che hai su Facebook sono avatar di gente che dal vivo non saluti neanche (e magari nemmeno conosci), perché la tipa ti lascia appena trova uno più figo di te, perché i genitori non ci sono o non ti ascoltano. I sentimenti non esistono, esiste lo standard, e se non lo rispetti sei fuori. Ma chi lo rispetta è forse ancora più solo, perché tra i ragazzi robotizzati può esserci solo un rapporto fatto di interazioni, ma non di sentimenti, di apparenza serena, di gelo interiore. E di solitudine. Perché in un mondo robotizzato sei solo se ti adegui, ma anche se ti ribelli, perché ti prendono per “matusa”, e nessuno ti segue. Finché il fratello Giovanni di turno sceglie la solitudine estrema, il passo fatale in cui almeno la solitudine non la senti, e se ci credi di là c’è Qualcuno che ti aspetta. E chi si stupisce perché era un ragazzo “modello”, perché era “a modo”, perché “non aveva problemi”, non capisce che il problema sta proprio in questo, perché se sei “a modo” tutti danno per scontato che sei inattaccabile, e se sei triste ti chiedono al massimo se hai problemi a scuola, ma nessuno, NESSUNO, ti chiederà mai se ti senti solo. E allora segui la depressione proprio perché non l’hai riconosciuta, perché ti sembra che ti indichi una strada solo all’apparenza “cattiva” ma in realtà attraente come nella canzone di De André, solo che alla fine di questa strada non c’è amore un po’ per tutti, ma il fiume di Marinella, o la cella di Miché.

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  10. UNA MASCHERA TROPPO PESANTE

    di kikketta92 (Medie Superiori ) scritto il 16.07.09

    Quest'episodio purtroppo non è che l'ennesima conferma di una società che, piano piano, sta cadendo a pezzi. Negli ultimi anni la gioventù è cambiata notevolmente, a partire dal modo di vestire fino ad arrivare all'atteggiamento verso il mondo circostante. I ragazzi e le ragazze oggi sono più precoci, hanno fretta di crescere e bruciare le tappe, come se fosse lo scopo fondamentale. Se è vero che quella di questo ragazzo indiano era "solo una cotta" sicuramente non può essere stato l'unico motivo che lo ha spinto ad un'azione così estrema. Noi non sappiamo cosa provava Prashant F. quando ha preso la sua ultima decisione, quella che gli è costata la vita. Nessuno di noi saprà mai quali problemi, quali pensieri affliggevano la sua mente. E nessuno potrà mai trovare una risposta alla domanda "Perché?". Eh già perché la colpa non è dei giovani, la colpa di tutta questa superficialità è sicuramente della televisione, della società e del modello che ci inculcano in continuazione. Non sei bella? Non hai la ragazza? Ma come hai quindici anni e sei ancora vergine? Il punto è che non tutti sono così forti da rifiutare questo modello, una mente più debole o semplicemente più influenzabile viene travolta. E il risultato alla fine è questo, ti costruisci una maschera con la quale sembri un ragazzo modello, grazie alla quale piaci a tutti, ma nel momento in cui questa maschera diventa troppo pesante da portare e riesci finalmente a liberartene, il tuo corpo viene corroso dal peggiore degli acidi; e allora ti rendi conto che neanche questa è la soluzione giusta, ti rendi conto che non esiste una soluzione che non implichi sofferenza. Viviamo purtroppo in una società dove è il più forte a vincere, e i più deboli sono costretti ad adeguarsi per non essere schiacciati, e ci permettiamo anche di chiamarla moderna.

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